Mai dichiarare il proprio amore seduti sul sagrato di una chiesa. E se ci siete già cascati, rimediandone sofferenza al cuore e ai glutei, abbiate almeno l’accortezza di non commettere lo stesso errore una seconda volta. D’accordo, vi piace sfidare la sorte. Ma cercate di ricordare che una chiesa in cui ogni 27 di aprile si celebra, ininterrottamente da chissà quanti anni, una messa in suffragio di Benito Mussolini, non può che portarvi male.


Passeggiano per i vialetti, sotto la volta scarmigliata degli alberi. Non hanno fretta. Scelgono una panchina, siedono, ridono, si baciano. Si rimettono in piedi e continuano a vagare per il parco, a guardare le foglie. Come nel loro Eden, sono soli. Tornano a sedersi, lui addirittura si sdraia, lei si mette per traverso, gli si appoggia sulla pancia. Si guardano da vicino, parlano, si accarezzano. Intanto una mamma, africana a giudicare dal suono della lingua, viene a pranzare. Suo figlio è un marmocchio in maglietta a righe a cui scappa la pipì.