Un anno

E’ già passato un anno, un intero anno in cui è accaduto l’imprevedibile. Le ragioni del ritorno ogni tanto mi capita di raccontarle a me stesso come un promemoria. Poche cose sono uguali a come le avevo pensate, ma sono anche le più importanti: gli affetti, il tempo, lo spazio. E una città, questa Acireale, spesso antipatica, respingente. Una città che a tratti sembra accettare, con incomprensibile orgoglio, il suo declino culturale e sociale come un destino senza appello. Una città bellissima e triste.
E’ il posto che finalmente chiamo casa, perchè posso ricordare dove avevo nascosto i tesori, e frugare negli angoli, sotto i tappeti, scavare nei cassetti. Nominare tutto ciò che ho perduto, trovare lampi di luce di cui non conservavo più memoria. Questa città mi ritrova più testardo, le mani più libere, il cuore incapace di accontentarsi. Un anno fa lo sapevo, senza bisogno di dirlo, che stavo tornando per tornare alla lotta. Che avrei preso a pugni i muri, che non avrei avuto più niente da perdere e una cosa soltanto da desiderare: una città, la mia città, finalmente vivibile.

La mia casa è la mia famiglia, il mio quartiere il Cervo, il verde che rimane. La mia casa sono i garage, il mare dal balcone dei miei, la voce di mia nonna che dalla cucina e da una crepa nel tempo pronuncia il mio nome come una festa, ogni giorno, ogni volta che giro la chiave e apro la porta dell’appartamento in cui adesso vivo io.

La mia casa è Mistero Buffo, la determinazione anche in punta di piedi, la resistenza culturale, l’incrollabile ostacolo alla desolazione, la libertà di costruzione.

La mia casa è la Putia, gli occhi di Michele, il sorriso di Maria, le voci, le idee e il sudore dei compagni, non un ritorno alla politica ma un nuovo inizio. Una battaglia che non credevo di saper e voler combattere in funzione elettorale e che invece mi trova coinvolto mani e piedi. Una battaglia che non finirà il 25 maggio. Perchè la città, terreno abbandonato e incolto, oggetto del desiderio di ruspe e betoniere, va dissodata, arata, coltivata, irrigata ogni giorno.
La città va zappata. E le mie mani, un anno dopo, hanno qualche callo in più.

1 Comment
  • mauro
    Posted at 18:15h, 12 Maggio

    Che dire… si legge e ci si riflette